Omelia per la Liturgia della Passione del Signore

10 aprile 2020

“Ecco l’uomo!”

Ecco l’uomo che porta su di sè il dolore di tutti noi, suoi amici e fratelli. Ogni dolore segreto in Gesù viene rivelato, inciso sul legno ruvido della croce, come si incide un “ti amo” sulla corteccia dell’albero.
Ecco l’uomo! Il suo corpo diventa il continente smisurato del dolore umano. Nessuna sofferenza è inutile. Nessuna sofferenza va perduta. Per questo la croce di Cristo è tanto pesante. Nel venerdì santo Dio non è venuto ad eliminare il dolore umano. Non è venuto a presentarci un dotto trattato sulla sofferenza. Ha fatto qualcosa di più. Qualcosa di follemente divino. È venuto a prendere su di sè il dolore degli uomini. Ecco cos’è la croce. È il segno della sofferenza umana che Dio si mette sulle proprie spalle, per amore. È l’urto terribile del dolore umano che va a schiantare il cuore di Dio. Sulla croce di Cristo niente viene dimenticato.
C’è il grido dell’ammalato, la tragedia del licenziato, la fame di milioni di bambini, la disperazione delle mamme, l’avvilimento del disoccupato, la solitudine dell’anziano, il rantolo del moribondo, l’ansia, la preoccupazione e l’angoscia della nostra Italia e del mondo intero. Ci sono le ore di insonnia, la tristezza del vagabondo, la fatica del lavoro dei medici e degli infermieri, la tribolazione di chi è in carcere. Ci sono i lamenti di chi è stato schiacciato dall’ingiustizia, il pianto di chi non riesce ad arrivare a fine mese, lo scoraggiamento di chi “non ce la fa più”, le torture fisiche, le angosce morali, il grido della Chiesa!
Niente va perduto. È proprio vero che “il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). È venuto a cercare il dolore inutile. L’ha scoperto e se n’è impossessato. Ed ora avanza barcollante sotto il peso della croce.
Quella croce che noi portiamo per un certo tratto più o meno lungo. Ma poi, alla fine, è Lui che vi sale sopra e ci sostituisce. Gesù, in fondo, ci chiede di sollevare o portare la nostra croce e di andargli dietro. Fino al momento in cui Lui ne prenderà possesso con i chiodi e farà sua, definitivamente, la nostra croce.


O Signore, ti carichi di noi, prendi tutto di noi.
La tua croce svela il nostro peccato
che noi vogliamo nascondere.
Tu, l’innocente sei entrato nella storia
che noi abbiamo impoverito e fatto marcire,
a cui abbiamo tolto la vivacità dei colori
e che il nostro veleno ha reso in bianco e nero.
Con il nostro orgoglio trasformatosi in sfida,
egoismo, odio, violenza
laceriamo le nostre piccolo comunità,
inquiniamo l’aria dello Spirito che ci fa Chiesa.
Il nostro io prende il posto di Dio
e trasforma il nostro cuore
in un colossale tribunale
dove tutti siedono sul banco degli imputati.
O Gesù Crocifisso, tu sei la Speranza,
che attraversa la storia contorta dell’uomo di ogni tempo.
Oggi, in questo venerdì santo,
ritorniamo idealmente sul luogo del delitto,
come ritornano i colpevoli,
per comprendere che dobbiamo batterci il petto
per le tante volte
che non paghiamo con la moneta dell’amore.
Torniamo sul luogo del delitto
perchè davanti al tuo sangue possiamo accorgerci
delle nostre mani troppo pulite.
O Gesù Crocifisso, tu sei la certezza
che Dio ci ama irrevocabilmente!
Guariscici dall’ipocrisia
che ci fa sentire migliori degli altri.
Facci sentire responsabili di tutto e di tutti.
ossia, semplicemente, cristiani.
Facci un pò di posto tra i due malfattori
che ti accompagnano verso il luogo del Cranio
li dove verremo assolti perchè Tu
hai accettato di essere condannato per tutti.
O Gesù Crocifisso, il tuo corpo appeso alla croce
ci fa esclamare con fiducia:
“Abbi pietà di noi, peccatori” (Lc 18,13),
e “Ricordati di noi nel Tuo Regno” (Lc 23,42).

Amen.